![4 Luigi Fiorentino - periodo del dopoguerra](https://ediletteraria.wordpress.com/wp-content/uploads/2016/03/4-luigi-fiorentino-periodo-del-dopoguerra.jpg?w=259&h=374)
In attesa della prossima riedizione EdiLet dell’antologia poetica di Luigi Fiorentino, si propongono le seguenti 5 composizioni da lui dedicate alle suggestioni dell’Ellade antica:
DAVANTI A ZANTE
Come una pietra lancio il cuore, Zante,
nelle tue selve, in questo navigare
sotto il cielo lunato che traspare,
e gli occhi che già frugano, un diamante.
![grecia](https://ediletteraria.wordpress.com/wp-content/uploads/2016/03/grecia.jpg?w=561&h=339)
TANTE COLOMBE PRONTE PER VOLARE
Il più bel cielo dentro il più bel mare,
e le Cicladi, tante bianche tele,
che dicono mutevole il passare.
Come illude quest’ora, anche la vita.
Ma tu, passato, anche distrutto vivi.
Inganni la memoria ma rimani.
Nel premere del tempo e degli eventi
ti riduci, ti muti, ma non muori.
Dove l’onda si rompe sulla prora
l’Egeide fiorì, e non importa
se gli emergenti picchi ora non recano
i segni antichi. Nostra madre è l’Ellade,
o compagni d’Europa che inseguite
le parvenze del vivere. La prora,
nel più bel mare sotto il più bel cielo,
intanto avanza, e Santorini isola
estrema del sommerso continente,
è davanti, una nera calamita
sulle rocce di lava che aggrediscono.
Sembrano le sue case così bianche
sopra le rupi nere a precipizio
tante colombe pronte per volare.
SULL’ACROPOLI
Come scivola il vento
non si vede.
Come passano i giorni
non si vede.
Come ci stringe il tempo
non si vede.
È pane della vita l’illusione,
ma più vero il passato che si svela
sull’Acropoli aperta nell’immenso,
coi bracci smisurati dentro l’ombra
di Pericle nei secoli futuri:
bianco sogno di marmi, aerei segni
così lievi che gli occhi si socchiudono:
un oltrecielo in questo cielo d’Attica.
TEATRO DI EPIDAURO
Sulla vasta conchiglia batte il sole
ancora e già si scioglie sopra i colli
di rosa, rosa intorno. Si fa voce
un sussurro nell’ora che precipita.
Ma qui non si tradisce il tempo, nero
mostro temuto, anche se morde i circoli
dell’ansia dove oscillano leggeri
i fili d’erba. O forse si riposa?
Ancora un soffio si fa voce, e muore.
La sera sulle palpebre bisbiglia
un trepidante addio, e nel viola
diffuso e mite l’anima sconfina.
SPARTA
Tanta gloria fu pianto alle Termopili,
nella stessa Platea. Di quei prodi
non altare, ma polvere che il vento
consegna sui cipressi e sulle case
di questa Sparta che ne usurpa il nome
in faccia all’Eurota. Così il tempo
devastando si vendica e tacendo.
Non c’è gloria nel pianto, né potenza
che non lasci nel vento le sue tombe.