Cinque poesie di Luigi Fiorentino sulla Grecia (da “Il compiuto discorso”, EdiLet, 2013)

4 Luigi Fiorentino - periodo del dopoguerra
Luigi Fiorentino (1913-1981)

In attesa della prossima riedizione EdiLet dell’antologia poetica di Luigi Fiorentino, si propongono le seguenti 5 composizioni da lui dedicate alle suggestioni dell’Ellade antica:

DAVANTI A ZANTE

Come una pietra lancio il cuore, Zante,
nelle tue selve, in questo navigare
sotto il cielo lunato che traspare,
e gli occhi che già frugano, un diamante.

grecia
Santorini

TANTE COLOMBE PRONTE PER VOLARE

Il più bel cielo dentro il più bel mare,
e le Cicladi, tante bianche tele,
che dicono mutevole il passare.
Come illude quest’ora, anche la vita.
Ma tu, passato, anche distrutto vivi.
Inganni la memoria ma rimani.
Nel premere del tempo e degli eventi
ti riduci, ti muti, ma non muori.
Dove l’onda si rompe sulla prora
l’Egeide fiorì, e non importa
se gli emergenti picchi ora non recano
i segni antichi. Nostra madre è l’Ellade,
o compagni d’Europa che inseguite
le parvenze del vivere. La prora,
nel più bel mare sotto il più bel cielo,
intanto avanza, e Santorini isola
estrema del sommerso continente,
è davanti, una nera calamita
sulle rocce di lava che aggrediscono.
Sembrano le sue case così bianche
sopra le rupi nere a precipizio
tante colombe pronte per volare.

acropoli

SULL’ACROPOLI

Come scivola il vento
non si vede.
Come passano i giorni
non si vede.
Come ci stringe il tempo
non si vede.
È pane della vita l’illusione,
ma più vero il passato che si svela
sull’Acropoli aperta nell’immenso,
coi bracci smisurati dentro l’ombra
di Pericle nei secoli futuri:
bianco sogno di marmi, aerei segni
così lievi che gli occhi si socchiudono:
un oltrecielo in questo cielo d’Attica.

epidauro

TEATRO DI EPIDAURO

Sulla vasta conchiglia batte il sole
ancora e già si scioglie sopra i colli
di rosa, rosa intorno. Si fa voce
un sussurro nell’ora che precipita.
Ma qui non si tradisce il tempo, nero
mostro temuto, anche se morde i circoli
dell’ansia dove oscillano leggeri
i fili d’erba. O forse si riposa?
Ancora un soffio si fa voce, e muore.
La sera sulle palpebre bisbiglia
un trepidante addio, e nel viola
diffuso e mite l’anima sconfina.

SPARTA

Tanta gloria fu pianto alle Termopili,
nella stessa Platea. Di quei prodi
non altare, ma polvere che il vento
consegna sui cipressi e sulle case
di questa Sparta che ne usurpa il nome
in faccia all’Eurota. Così il tempo
devastando si vendica e tacendo.
Non c’è gloria nel pianto, né potenza
che non lasci nel vento le sue tombe.

 

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