È terribile diventare piccoli a questo modo, tra gli sguardi divertiti della famiglia. Per loro è uno scherzo, la cosa li mette di buon umore. Quando il tavolo mi sorpassa, si fanno carezzevoli, teneri, affettuosi. I nipotini corrono a preparare la cesta del gatto: evidentemente si propongono di farne la mia cuccia; mi sollevano da terra con delicatezza, prendendomi per la collottola, mi posano sul vecchio cuscino stinto, chiamano amici e parenti a godersi lo spettacolo del nonno nella cesta. E divento sempre più piccolo. Mi possono chiudere, ormai, in un cassetto insieme ai tovaglioli, puliti o sporchi. Nel giro di pochi mesi non sono più un padre, un nonno, uno stimato professionista, ma un affarino che si fa passeggiare sul tavolo quando la televisione non è accesa. Prendono la lente d’ingrandimento per guardarmi le unghie piccolissime. Tra poco basterà una scatola di cerini a contenermi. Poi qualcuno troverà la scatola vuota e la butterà via.
Gianni Rodari (da “Novelle fatte a macchina”, Einaudi 1973)